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Gli alberi di San Martino del Carso
Sono stati separati per oltre cent’anni e ora che finalmente si sono ritrovati ritornano insieme nelle loro terre d’origine, dove tutto ebbe inizio. Sono i due alberi simbolo di quello che fu il primo conflitto mondiale nelle martoriate terre di San Martino del Carso, l’Albero Isolato di Valloncello, che ispirò i celebri versi di Giuseppe Ungaretti, e l’Albero Storto, che diede nome a un’importante e pericolosa trincea che si trovava nel Bosco Cappuccio, sulla strada che da Sdraussina porta a San Martino del Carso. Grazie a un’operazione del Gruppo speleologico carsico di San Martino e ad alcune preziose collaborazioni internazionali i due alberi simbolo di sofferenza e di resistenza, che all’epoca furono tagliati dalle truppe ungheresi e trasportati in madrepatria con gli onori dovuti alle reliquie, sono stati rintracciati e recentemente riuniti in una mostra itinerante, intitolata “Gli Alberi di San Martino del Carso”.keyboard_arrow_right
Dopo una prima tappa al museo della Fortezza di Oradea, in Transilvania, e una seconda al museo nazionale di storia militare di Budapest, l’esposizione torna ora in patria e verrà ospitata, grazie alla collaborazione con il Servizio Musei e Archivi storici dell’ERPAC – Ente regionale per il patrimonio culturale del Friuli Venezia Giulia, nelle sale espositive del Museo della Grande Guerra di Gorizia (Borgo Castello 13) dal 30 giugno al 16 settembre 2018, con inaugurazione venerdì 29 giugno alle 18.
I due alberi simbolo della lotta sul fronte di San Martino del Carso - finora custoditi al Mòra Fenec Muzeum di Szeged (Albero Isolato) e al Muzeul Banatului di Timișoara (Alberto Storto) -, sono entrambi tronchi di gelso, testimoni silenti di un paesaggio sconvolto giorno dopo giorno dai colpi d’artiglieria, che non risparmiavano né l’uomo né la natura circostante. Furono simboli condivisi dai soldati italiani e ungheresi che si affrontarono su quello che lo stesso Ungaretti avrebbe definito molti anni dopo un “Carso di terrore”. Sia l’Albero Isolato, che sorgeva nei pressi dell’antica chiesa di San Martino, sia l’Albero Storto, in tempo di pace erano stati piante generose, che non fornivano soltanto dolci frutti, ma anche, alle famiglie contadine, la possibilità di integrare i magri redditi con la gelsibachicoltura domestica. Dell’Albero Isolato scrisse anche l’Arciduca Giuseppe, comandante del VII Corpo d’armata: “Vicino la chiesa, ridotta ad un rudere, sulla quota 197 sorge l’albero morente dei soldati del 46°. Si trova non lontano dietro la linea e viene usato come orientamento per i contrattacchi. Numerosi proiettili italiani e nostri lo hanno trapassato, parecchie granate hanno lacerato il misero tronco ormai in fin di vita. […] Un sentimento doloroso mi assale ogni volta che vedo questo albero mutilato, ritto in mezzo al desolato cumulo di rovine e frammenti di pietra. Una stretta gelida scende nel cuore con una domanda angosciosa: “Forse sei il simbolo della nostra sorte, tu povero alberello?””
L’esposizione dei due alberi simbolo è accompagnata da pannelli didattici relativi alla Grande Guerra, ma anche da una nota gentile, una serie di cartoline scritte da Doberdò, e altre località di guerra, da un tenente ungherese, László Szüts, alla sua fidanzata e poi moglie Maria Várad, tra aprile 1917 e settembre 1918. La particolarità che differenzia questi biglietti dalla grande mole di corrispondenza intercorsa all’epoca è il fatto che sono corredati da mazzolini di fiori essiccati, colti accanto alle trincee o in mezzo a paesi diroccati. Ottimamente conservati, molti di questi fiori hanno addirittura preservato le cromie originali. Testimoni di una storia d’amore a lieto fine, nonostante la guerra e l’epidemia di Spagnola, questi fiori sono una testimonianza toccante della resistenza della natura alla barbarie umana, oltre che della resistenza umana alla violenza indicibile della guerra. -
Inaugurazione mostra “Gli Alberi di San Martino del Carso”
Venerdì 29 giugno 2018 ore 18.00 si svolgerà, presso il Museo della Grande Guerra di Gorizia (Borgo Castello, 13) l'inaugurazione della mostra “Gli Alberi di San Martino del Carso”.keyboard_arrow_right
Nella mostra vengono esposti per la prima volta insieme l’Albero Isolato di Valloncello e l’Albero Storto, due reliquie presenti nelle trincee di fronte a San Martino del Carso; gli alberi, simbolo di resistenza e sofferenza dei soldati inquadrati nel 46° reggimento di Szeged e del 61° reggimento di Timisoara, sono oggi custoditi in Ungheria e Romania, e la mostra di Gorizia rappresenta l’ ultima tappa di una mostra itinerante che li ha portati a Oradea (Romania) e Budapest (Ungheria).
Ulteriori informazioni sulla pagina dedicata alla mostra. -
Fiori tra le trincee
Dall’Ungheria è arrivato a Gorizia sabato 25 agosto, per ricordare lo straordinario gesto del nonno, il nipote di László Szüts, il tenente ungherese che nel bel mezzo della Prima Guerra Mondiale raccolse fiori tra le trincee per arricchire di una nota gentile la sua corrispondenza con la fidanzata rimasta in patria. Si chiama Tamàs Szϋts ed è venuto a Gorizia per visitare la mostra Gli alberi di San Martino del Carso, ospitata fino al 16 settembre all’interno del Museo della Grande Guerra (Borgo Castello 13).keyboard_arrow_right
Frutto del lavoro del Gruppo speleologico carsico di San Martino e realizzata grazie a preziose collaborazioni internazionali e con il Servizio Musei e Archivi storici dell’ERPAC – Ente regionale per il patrimonio culturale del Friuli Venezia Giulia, l’esposizione vede nuovamente riuniti assieme, a distanza di oltre cent’anni, i due gelsi simbolo di quello che fu il primo conflitto mondiale nelle martoriate terre di San Martino del Carso: l’Albero Isolato che ispirò i celebri versi di Giuseppe Ungaretti, e l’Albero Storto, che diede nome a un’importante e pericolosa trincea che si trovava nel Bosco Cappuccio, sulla strada che da Sdraussina porta a San Martino del Carso. I due alberi simbolo della lotta sul fronte di San Martino del Carso sono solitamente custoditi al Mòra Fenec Muzeum di Szeged (Albero Isolato) e al Muzeul Banatului di Timișoara (Alberto Storto).
Oltre ai due tronchi di gelso, testimoni silenti delle atrocità della Grande Guerra, e a una serie di pannelli didattici relativi al primo conflitto mondiale la mostra, visitabile fino al 16 settembre, espone anche una serie di cartoline scritte da Doberdò, e altre località di guerra, dal tenente ungherese László Szüts alla sua fidanzata e poi moglie Maria Várad, tra l’aprile 1917 e il settembre 1918. La particolarità che differenzia questi biglietti dalla grande mole di corrispondenza intercorsa all’epoca è il fatto che sono corredati appunto da mazzolini di fiori essiccati, colti accanto alle trincee o in mezzo a paesi diroccati. Ottimamente conservati, molti di questi fiori hanno addirittura preservato le cromie originali. Testimoni di una storia d’amore a lieto fine, nonostante la guerra e l’epidemia di Spagnola, questi fiori sono una testimonianza toccante della resistenza della natura alla barbarie umana, oltre che della resistenza umana alla violenza indicibile della guerra. E proprio questa straordinaria testimonianza sarà al centro della visita-ricordo di Tamàs Szϋts, che con la sua presenza intende omaggiare la memoria del nonno e ringraziare il Museo della Grande Guerra, che attraverso questa mostra ha voluto ricordarne pubblicamente le gesta. La mostra è visitabile tutti i giorni tranne il lunedì, dalle 9 alle 19. -
Concerto con ingresso gratuito “La Grande Guerra tra suoni e immagini”
Nell’ambito delle attività commemorative del Centenario della Grande Guerra, il Servizio Musei e Archivi Storici presenta una serie di eventi che si apre con un suggestivo concerto a cura dell’Associazione Chamber Music Trieste.keyboard_arrow_right
Attraverso l’esecuzione di alcune composizioni musicali di grandi autori che hanno vissuto ed operato nel periodo compreso tra il 1914 ed il 1918, esploreremo il mondo emotivo-psicologico umano da un nuovo punto di vista. Grazie alla proiezione di brevi video della “Cineteca del Friuli” ed immagini d’epoca relative alla Grande Guerra, cercheremo di capire meglio la nostra storia. I primi decenni del ‘900 furono specchio di una cultura problematica ed affascinante nello stesso tempo lacerata dall’appena concluso conflitto mondiale.
La tensione drammatica pervasa da una sofferta umanità, anima la vita della Sonata in la di Pizzetti. "Tempestoso" è un dialogo tra due personaggi, il pianoforte e il violino, e con esso si apre il primo movimento. Il dualismo proprio di Pizzetti tra concitazione drammatica e distensione contemplativa trova intensa affermazione col secondo movimento: "Preghiera per gli innocenti" rinnova il senso nostalgico di un'infanzia lontana, che i due strumenti decantano con affettuosa eloquenza. Infine, attraverso la tenerezza della preghiera, la catarsi: il movimento finale come momento liberatorio, dove Pizzetti si apre ad un altro modo, non meno essenziale, nel suo sentire, quello animato dalle suggestioni campestri, screziato di umori popolareschi.
Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, mentre Janačék stava aspettando con trepidazione l'entrata dei russi in Moravia, si concretizzò la prima stesura della Sonata per violino e pianoforte. In essa si raccolgono molte idee già presenti nei grandi lavori operistici dell'autore.
Di carattere espressionistico, la Sonata alterna sublimi momenti di tenerezza ad immediati scatti d'ira. La stretta relazione tra prosodia e melodia pone la musica di Janačék a debita distanza dalla tradizionale visione romantico-sentimentale di fine Ottocento. Ne consegue una ricerca espressiva il cui aspetto principale è quello psicologico, perfettamente in linea col sentire conflittuale del tempo.
Duo SOSSAI - BOLLA
Dino Sossai, violino - Michele Bolla, pianoforte
E. A. Mario (Giovanni Ermete Gaeta) (1884-1961)
La leggenda del Piave (arr. di Domenico Sossai)
Ildebrando Pizzetti (1880-1968)
Sonata in la maggiore op. 17
1. Tempestoso
2. Preghiera per gli innocenti. Molto largo
3. Vivo e fresco
Leoš Janáček (1854-1928)
Sonata per violino e pianoforte (1921)
1. Con moto
2. Ballada
3. Allegretto
4. Adagio
Proiezione di filmati originali dalla Cineteca del Friuli.
DINO SOSSAI diplomatosi con lode al Conservatorio di Castelfranco Veneto sotto la guida di Michele Lot, in seguito si è perfezionato con Dejan Bogdanovich, Marie-Annick Nicolas, Kolja Blacher, Victor Pikaizen, Tibor Varga e Francesco De Angelis. Nel 2008 ha conseguito con il massimo dei voti, la lode e la menzione d’onore il Diploma di specializzazione al biennio sperimentale presso il Conservatorio di Milano. Ha vinto numerosi concorsi ed audizioni per il ruolo di Konzertmeister d’orchestra e ha collaborato in qualità di prima parte o solista con importanti compagini orchestrali italiane ed estere, al Teatro alla Scala di Milano, al Teatro La Fenice di Venezia, al Teatro Lirico di Cagliari, al Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste, all’Orquestra Simfònica del Vallès di Sabadell (Spagna), all’Orchestra della Fondazione “Arturo Toscanini” di Parma, alla Mahler Chamber Orchestra, all’Orchestra di Stato di Sumen (Bulgaria). È violinista del Quartetto “Quadro Veneto” con il quale ha vinto importanti premi in concorsi internazionali di musica da camera, tra cui Premio Città di Pinerolo e Chamber Music Competition Osaka, esibendosi in sale prestigiose in Italia e all’estero. Suona un violino Enrico Ceruti del 1871. Ha conseguito il Master in comunicazione “Four Voice Colours” di Ciro Imparato come voice-coach, dedicandosi alle nuove forme di apprendimento e sblocco psicofisico nello studio strumentale.
MICHELE BOLLA ha ottenuto il diploma con il massimo dei voti presso il Conservatorio di Castelfranco Veneto, sotto la guida di Francesco Bencivenga. Successivamente si è perfezionato con Mikhail Voskresensky e Lev Naumov, docenti del Conservatorio di Mosca, e con Bruno Mezzena. Ha vinto numerosi premi in concorsi solistici nazionali (Osimo, Albenga, Taranto, Città di Treviso) e internazionali (Sydney International Piano Competition, Concorso “M. Marcoz” di Aosta, Concorso “E. Porrino” di Cagliari, Concurso Internacional de Piano “Ciudad de Ferrol”, Concorso “Premio Sassari”). Con il Quartetto “Quadro Veneto” ha vinto importanti premi in concorsi internazionali di musica da camera (Osaka Chamber Music Competition, Premio Trio di Trieste, Concorso Internazionale Città di Pinerolo) e si è esibito in Italia e all’estero. Ha collaborato con solisti e cantanti di fama internazionale, prime parti soliste dei maggiori Teatri italiani e importanti direttori d’orchestra.
Il Concerto sarà ad ingresso gratuito.
Evento organizzato da: Associazione Chamber Music Trieste, Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, ERPAC – Ente Regionale per il Patrimonio Culturale della Regione Friuli Venezia Giulia. Servizio Musei e Archivi Storici.
Con il patrocinio del Comune di Gorizia. Con il sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Gorizia e di Banca Mediolanum.
Vedi le date degli altri concerti del ciclo “Un aperitivo classico a Palazzo Attems” -
Conferenza “Raffigurare il conflitto: gli artisti friulani nella Grande Guerra”
In occasione delle celebrazioni del Centenario della Grande Guerra, il Servizio Musei e Archivi Storici dell’ERPAC ospita, venerdì 12 ottobre 2018 ore 18.00, presso il Museo della Grande Guerra di Gorizia (Borgo Castello, 13) la conferenza “Raffigurare il conflitto: gli artisti friulani nella Grande Guerra” a cura della dott.ssa Isabella Reale per approfondire il tema dell’arte figurativa durante il periodo del conflitto.keyboard_arrow_right
Il centenario della Grande Guerra ha visto anche nella nostra regione molte iniziative che hanno preso in esame vari aspetti del conflitto, spaziando dalla cronaca alla storia, anche se a parte L’Europa in guerra, la mostra a cura di Piero Del Giudice allestita tra il 2014 e il 2015 a Trieste e a Trento, l’arte figurativa non è stata oggetto di indagini approfondite: di fatto sul campo di battaglia si composero non solo poesie, tavole paro-libere, ma anche schizzi, dipinti, opere che recentemente varie mostre in Italia e all’estero hanno ampiamente valorizzato, e che hanno anche cambiato il corso della storia dell’arte contemporanea. Questo argomento per il Museo della Grande Guerra di Gorizia, che dal 1924 si occupa di divulgare contenuti legati alla Grande Guerra dentro e fuori dagli anniversari, sarà oggetto di un progetto europeo nei prossimi mesi.
Sul Carso vennero a combattere da tutta Italia pattuglie di futuristi capitanati da Marinetti, tra cui l’architetto Sant’Elia che qui trovò la morte e che sarà poi celebrato dall’udinese Michele Leskovic, ma anche, dall’altra parte della barricata, tra le truppe austro-ungariche, pittori d’avanguardia quali Kokoschka: tra le file degli “artisti-combattenti” figurano molti friulani, alcuni caduti in guerra e presto dimenticati, anche se i loro eredi affidarono le loro opere ai nostri Musei (Vittorio Cadel, Albino Candoni, Pietro Cassutti), altri sentirono l’esigenza di raccontare l’esperienza della guerra nei modi dell’avanguardia (“Futurciotti”, Luigi De Giudici) e c’era chi aveva l’incarico di disegnare i campi di battaglia (Italico Brass, Fabio Mauroner, Livio Bondi). Qualcuno di loro, come nel caso di Pio Rossi, originario di Forlì ma subito dopo la guerra trasferitosi a Pordenone, conservò gelosamente i suoi taccuini di guerra, fitti di ricordi e disegni in particolare dedicati a Gorizia, senza mai mostrarli, che solo recentemente gli eredi hanno dato alle stampe. E nonostante il tempo di guerra, molte storie si intrecciarono in quei giorni in Friuli testimoniando come l’arte svolgesse un ruolo primario nella vita quotidiana dei soldati: mostre, come quella allestita nel 1916 a Tolmezzo, o inaugurazioni di pale d’altare, come la La Madonna delle nevi donata da Pietro Fragiacomo per la cappella del Pal Grande.
Tra i tanti soggetti che caratterizzano e accomunano, al di qua e al di là dei fronti opposti, le opere degli artisti in guerra, uno in particolare riguarda da vicino la storia delle nostre comunità, quello dell’Esodo dopo la ritirata di Caporetto dei militari e soprattutto dei civili, un dramma fissato dallo sguardo partecipe di artisti quali Lorenzo Viani o Pellis, e che al di là di tante descrizioni di cronaca e letteratura, ispirò opere d’arte capaci di parlare un linguaggio oggi più che mai universale.
ISABELLA REALE storico dell’arte e conservatore di museo, allieva di Decio Gioseffi all’Università di Trieste, e a Padova di Franca Zava Boccazzi, con Aldo Rizzi ha dato vita nel 1983 a Udine alla Galleria d’arte moderna e ideato e allestito le Gallerie del Progetto, operando per documentare e valorizzare l’opera degli artisti friulani, arricchendo le collezioni civiche con importanti acquisizioni. Tra le sue varie mostre e pubblicazioni, in particolare dedicate a Luca Carlevarijs e al vedutismo veneziano, alle Arti a Udine nel Novecento, a Dino, Mirko e Afro Basaldella, tra le più recenti ricordiamo i cataloghi delle mostre Paesaggi d’acqua. Luci e riflessi nella pittura veneziana dell’Ottocento (Allemandi ed., Torino 2011), Il cibo dell’arte, natura morta e convivialità della pittura dell’Ottocento tra Venezia, Trieste e il Friuli (Silvana ed., Milano 2011), Lo splendore di Venezia (Silvana ed. Milano 2016); Mirko, ritorno a Firenze (Firenze, 2017), La pieve d’Asio e le chiese di Clauzetto (Udine, 2017), Le chiese della val d’Arzino (Udine, 2018).
L'evento è organizzato da ERPAC – Ente Regionale per il Patrimonio Culturale della Regione Friuli Venezia Giulia. Servizio Musei e Archivi Storici -
Presentazione del libro “Cento anni di Grande Guerra. Cerimonie, monumenti, memorie e contromemorie”
L’ERPAC - Servizio Musei e Archivi Storici prosegue la promozione degli eventi commemorativi del Centenario della Grande Guerra ospitando, martedì 16 ottobre 2018 ore 18.00, presso la sua sede di Borgo Castello la presentazione del volume “Cento anni di Grande Guerra. Cerimonie, monumenti, memorie e contromemorie” a cura del dott. Quinto Antonelli.keyboard_arrow_right
Alla presentazione del libro, aperta a tutta la cittadinanza con ingresso libero e gratuito, interverrà il prof. Paolo Malni.
“Cento anni di Grande Guerra. Cerimonie, monumenti, memorie e contromemorie” (Quinto Antonelli, Donzelli 2018) è un’opera corposa e complessa, che ricostruisce il processo di formazione della memoria – o meglio delle memorie e della loro narrazione pubblica – della Prima Guerra Mondiale in Italia, un percorso per nulla scontato, che ha visto l’affacciarsi, di volta in volta, di spinte e protagonisti diversi, in relazione al ruolo che il ricordo e il racconto della guerra hanno rivestito nella cultura e nell’opinione pubblica nel secolo che ci separa dalla sua conclusione.
Viene analizzato il sedimentarsi fin dal primo dopoguerra della visione nazionalista del conflitto affermatasi durante gli anni del Fascismo, che ne fece un mito fondante, ma che ha continuato a vivere, in forme e modi diversi e depurati degli aspetti più legati al regime, anche durante la storia repubblicana e che ancora oggi è presente in non poche delle iniziative legate al Centenario.
Il volume è un’indagine sui protagonisti della costruzione di quella memoria: piuttosto che agli storici o ai letterati – oggetto di innumerevoli studi – Antonelli rivolge la propria attenzione ai membri delle associazioni combattentistiche, a giornalisti e registi cinematografici, ai maestri e agli autori di opere per la scuola e l’infanzia, il cui ruolo nel plasmare l’immagine dominante della guerra fu essenziale.
L’operato dei protagonisti è ricostruito anche attraverso una serie di fonti apparentemente minori, opuscoli, riviste d’arma, manuali scolastici – ed ai processi di formazione educativa Antonelli riserva una parte significativa del volume – repertori di canti, forme di comunicazione di massa che documentano la fissazione del mito della Grande Guerra nell’immaginario collettivo degli italiani. Il libro dedica largo spazio alle cerimonie, alle celebrazioni patriottiche e ai luoghi che nel corso del tempo sono diventati i simboli della Grande Guerra e un’attenzione particolare è rivolta proprio ai territori attraversati dal conflitto, le “terre redente”, oggetto di sacralizzazione, sedi privilegiate delle iniziative commemorative e dei riti di quella che voleva essere una nuova “religione della patria”.
L’autore, però, segue anche il filo delle memorie antagoniste, catalizzate dagli ambienti socialisti degli anni immediatamente seguenti al conflitto, poi eclissate durante il Ventennio e riemerse negli anni Sessanta e Settanta grazie agli storici che cercarono di dare un’interpretazione diversa della Grande Guerra, denunciandone gli orrori con uno sguardo tutt’altro che conciliante con la visione predominante. Questa riscoperta degli aspetti più controversi delle esperienze che milioni di italiani dovettero subire, si avvalse anche della raccolta – allora ancora possibile – delle testimonianze di chi aveva vissuto la guerra e all’utilizzo di quello che oggi è un vasto corpus di scritture e canti popolari, frutto di una ricerca dal basso che dura tuttora.
Quest’intreccio di memorie diverse e di usi pubblici della storia contrastanti, viene analizzato con una grande ricchezza di rimandi e riflessioni storiografiche (pur non volendo essere un’opera sulla storiografia) e soprattutto con uno spirito critico che non dimentica mai la realtà della guerra, il suo orrore, la sua opera di disumanizzazione di quanti, militari ma anche civili, ne furono loro malgrado coinvolti.
QUINTO ANTONELLI, roveretano, è responsabile dell’Archivio della scrittura popolare presso la Fondazione del Museo storico del Trentino. Si è occupato di storia della scuola e dei processi di alfabetizzazione, delle forme della scrittura popolare, con particolare riferimento ai combattenti dei conflitti mondiali. Nella sua vasta e pluridecennale produzione storiografica spiccano Il popolo scomparso. Il Trentino, i Trentini nella Prima guerra mondiale 1914-1920, curato assieme a Diego Leoni, Nicolodi, Rovereto 2003; I dimenticati della Grande Guerra. La memoria dei combattenti trentini (1914-1920), Il Margine, Trento 2008; Storia intima della grande guerra. Lettere, diari e memorie dei soldati dal fronte, Donzelli, Roma 2014, insignito nel 2015 del prestigioso Premio internazionale The Bridge; Cento anni di Grande Guerra. Cerimonie, monumenti, memorie e contromemorie, Donzelli, Roma 2018.
L'evento è organizzato da ERPAC – Ente Regionale per il Patrimonio Culturale della Regione Friuli Venezia Giulia. Servizio Musei e Archivi Storici -
Reading scenico “La guerra di Fannie e Anita”
Un nuovo appuntamento con gli eventi commemorativi del Centenario della Grande Guerra è organizzato dal Servizio Musei e Archivi Storici dell’ERPAC. L’attrice Sara Alzetta, con l'accompagnamento musicale del maestro Francesco De Luisa, proporrà il reading scenico “La guerra di Fannie e Anita”, mercoledì 31 ottobre 2018 ore 18.00, presso il Museo della Grande Guerra di Gorizia (Borgo Castello, 13).keyboard_arrow_right
Protagoniste di “La guerra di Fannie e Anita” sono due figure femminili immaginarie che raccontano la guerra, la prima guerra mondiale, e il modo in cui questa abbia cambiato il mondo intero.
Fannie e Anita sono due ragazze diversissime per estrazione sociale: Fannie è figlia di buona borghesia austriacante, e del suo mondo di crinoline, di walzer con gli ufficiali dell’imperialregio esercito, finita la guerra, non ci sarà più traccia.
Anita, invece, di famiglia povera, comincia raccontando la discesa del proletariato in piazza – da bambina la mamma l’aveva portata con sé durante famoso sciopero dei fuochisti del Lloyd – e la miseria che attanaglia Trieste durante la guerra: blocco navale contro l'Austria e vicinanza al fronte ne avevano fatto morire ogni attività!
La guerra, grande “metabolizzatore” sociale, trasforma in modo irreversibile destini individuali e collettivi.
Tra il 1918 e il 1920 l’epidemia di spagnola miete milioni di morti. Nel 1919, a Trieste finalmente italiana, il cambio corona-lira è al 60% e dalla città, come anche dall’entroterra giuliano, la popolazione germanofona emigra, anche a piedi, verso i territori del vecchio impero, dove potere ancora spendere nella vecchia moneta, anche perché non c’è più posto nell’amministrazione del nuovo regno. Intanto ritornano i prigionieri di guerra dalla Russia, portando echi e racconti della Rivoluzione.
In questo clima complesso, ricco di fermenti e di aspettative, si dipanano le storie di Fannie e Anita: un reading dal ritmo teso, senza ideologismi, vivo, leggero, pieno di sentimenti.
SARA ALZETTA, attrice triestina, studia al Piccolo di Milano e all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico, e lavora prevalentemente a Milano (Giorgio Strehler), Torino (Massimo Castri, Davide Livermore, Josè Caldas), Roma (Egisto Marcucci, Armando Pugliese, Marco Mattolini), Verona (Gianfranco De Bosio), Napoli (Toni Servillo, Alfonso Postiglione) e in Sicilia (Giuseppe Dipasquale, Beno Mazzone, Lia Chiappara). A Trieste, lavora nell’operetta (incontrando così Gino Landi, Maurizio Nichetti, Damiano Michieletto, Federico Tiezzi) al Rossetti e al Teatro Miela. Porta il polilogo La Maria Farrar di Manlio Marinelli nei teatri di Torino, Roma, Trieste e Palermo, dando voce come unica attrice a molti personaggi. Incontra la performance d'arte per Manuela Marassi (Continental Breakfast), Cecilia Donaggio (The Third Area, in video), Fabiola Faidiga (La Città di Odradek). Nell’ultimo periodo termina un lavoro di narrazione di Trieste per voce femminile: una voce fresca, reale, libera da ideologie, che mette in scena storie di donne comuni. Le prime due puntate di questa narrazione, diventate poi radiodrammi per la Rai, si intitolano La Guerra di Fannie e Anita e La Pace di Fannie e Anita, e affrontano rispettivamente la storia della Grande Guerra e del primo dopoguerra.
L’evento è organizzato da ERPAC – Ente Regionale per il Patrimonio Culturale della Regione Friuli Venezia Giulia. Servizio Musei e Archivi Storici -
Reading teatrale sui ragazzi del ’99 nella Grande Guerra
Gli eventi dedicati al Centenario della Grande Guerra organizzati dal Servizio Musei e Archivi Storici dell’ERPAC proseguono, mercoledì 5 dicembre 2018 ore 17.30, nella cornice del Museo della Grande Guerra di Gorizia (Borgo Castello, 13) con il reading teatrale “Li ciorne che abiammo lasciato una Storia” (I giorni in cui abbiamo scritto la Storia), scritto da Aldo Milea e Saverio Senni e tratto da “Terra matta” di Vincenzo Rabito (a cura di Evelina Santangelo e Luca Ricci, Einaudi 2007).keyboard_arrow_right
Lo spettacolo, aperto a tutta la cittadinanza con ingresso libero e gratuito, sarà introdotto dal dott. Lucio Fabi.
Il reading evoca una nota pagina della storia d’Italia, che ha riguardato oltre 260.000 ragazzi del 1899, attraverso il racconto di uno di questi, Vincenzo Rabito, bracciante siciliano autore, sebbene semi-analfabeta, di un’incredibile memoria autobiografica.
La chiamata alle armi, l’addestramento, il fronte e le vicende dell’immediato dopoguerra echeggiano vive della forza del racconto di un protagonista autentico ed ingenuo, acuto e profondo. Vincenzo Rabito restituisce una testimonianza della Grande Guerra viva, forte e senza reticenze, da un punto d’osservazione umile e popolare, come quello vissuto da tanti “Ragazzi del ‘99”, sottratti da un giorno all’altro alle loro famiglie per difendere un’Italia profondamente ferita dalla vicenda di Caporetto.
Il reading è tratto dai primi sei capitoli del libro, considerati tra i più efficaci e straordinari dell’intera memoria autobiografica, quelli inerenti la partecipazione dell’autore alla Grande Guerra, dalla chiamata improvvisa nel febbraio del 1917 al congedo del 1922, per concludersi nel 1969 quando torna sui luoghi di guerra e viene proprio a Gorizia che confronta, in modo commovente, con la città che aveva visto cinquant’anni prima.
Il reading è strutturato come uno spettacolo teatrale sviluppandosi in un unico atto nella forma di un dialogo immaginario tra il narratore, interpretato da Saverio Senni, docente all’Università della Tuscia e Vincenzo Rabito, interpretato da Aldo Milea, attore.
Lo spettacolo si fregia del logo del Centenario della Grande Guerra predisposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri nell’ambito delle celebrazioni del Centenario 1914-18.
L’evento è organizzato da ERPAC – Ente Regionale per il Patrimonio Culturale della Regione Friuli Venezia Giulia. Servizio Musei e Archivi Storici -
L’esercito italiano nella Prima guerra mondiale. L’uniforme grigio-verde (1909-1919)
Giovedì 2 febbraio alle 18, nella sala conferenze dei Musei Provinciali di Gorizia, Borgo Castello 13, si svolgerà la presentazione dell’opera “L’esercito italiano nella Prima guerra Mondiale. L’uniforme grigio-verde (1909-1919)”keyboard_arrow_right
L’iniziativa è promossa da ERPAC FVG/Musei Provinciali di Gorizia con il Museo storico italiano della Guerra di Rovereto e il Museo della Battaglia di Vittorio Veneto, in collaborazione con l’Associazione Isonzo – Gruppo di ricerca storica.
L’opera, in due volumi (850 pagine), illustra e descrive oltre 350 uniformi, copricapi, cappelli, elmetti in uso al Regio Esercito durante la Grande Guerra, raccontando le trasformazioni avvenute tra il 1909 e il 1919 nelle dotazioni del soldato. I materiali descritti, in gran parte inediti, provengono dal Museo Storico Italiano della Guerra di Rovereto e da alcune fra le maggiori collezioni pubbliche e private a livello internazionale.
Si tratta del risultato di un importante lavoro di catalogazione svolto con il sostegno del Ministero della Cultura, che ha portato all’implementazione della scheda catalografica VeAC e che permette un’accurata e puntuale descrizione di questi materiali e che potrà essere utilizzata anche da altre istituzioni museali per una corretta schedatura del loro patrimonio.
Nell’opera sono descritti anche due pezzi del Museo della Grande Guerra di Gorizia: un cappotto appartenuto al generale Luigi Cadorna e un’uniforme del generale Armando Diaz.
Interverranno Francesco Frizzera e Davide Zendri, rispettivamente Provveditore e Conservatore del Museo storico italiano della Guerra di Rovereto.
Introduce Andrea Tilatti, Università degli Studi di Udine, Dipartimento di studi umanistici.
Coordina Alessandra Martina: Conservatore del Museo della Grande Guerra di Gorizia
INGRESSO LIBERO E APERTO A TUTTI -
Presentazione del volume “Merletti e Ricami di Wagna. Gli schemi ritrovati di Emma e Pia, maestre in guerra”
Giovedì 21 febbraio 2019 ore 17.30 presso la Sala Conferenze del Museo della Moda e delle Arti Applicate di Gorizia (Borgo Castello, 13), il Servizio Ricerca, Musei e Archivi Storici di ERPAC ospita la presentazione del volume “Merletti e Ricami di Wagna. Gli schemi ritrovati di Emma e Pia, maestre in guerra”. All’evento, aperto a tutta la cittadinanza con ingresso libero e gratuito, interverrà l’autrice Rosita D’Ercoli.keyboard_arrow_right
Il libro, a distanza di un secolo, ricostruisce la storia dei laboratori femminili di merletto a fuselli e di ricamo attivi nel campo degli sfollati isontini e istriani di Wagna (Stiria, Austria) durante la Prima Guerra Mondiale.
Il lavoro delle merlettaie e delle ricamatrici rivive attraverso la storia anche personale delle due maestre, Emma Kočevar e Pia Degrassi, e diventa visibile grazie alle immagini inedite di schemi e disegni che si pensavano oramai perduti.
Un ritrovamento fortuito e anni di ricerche hanno condotto Rosita D'Ercoli, maestra merlettaia, studiosa del merletto, autrice e collezionista, a svelare una storia che era stata dimenticata.
Per informazioni:
Tel: +39 348 1304726
@: didatticamusei.erpac@regione.fvg.it
L’evento è organizzato da ERPAC – Ente Regionale per il Patrimonio Culturale della Regione Friuli Venezia Giulia. Servizio Ricerca, Musei e Archivi Storici -
Archivio Storico Provinciale di Gorizia
IL SERVIZIO DI CONSULTAZIONE E' APERTO SOLO SU APPUNTAMENTO.keyboard_arrow_right
DAL 1° APRILE 2022, PER ACCEDERE A MUSEI, PARCHI ARCHEOLOGICI, MOSTRE, ARCHIVI, BIBLIOTECHE E ALTRI LUOGHI DELLA CULTURA NON SARÀ PIÙ NECESSARIO IL GREEN PASS RAFFORZATO, NÉ QUELLO BASE. L'USO DELLA MASCHERINA E' CONSIGLIATO.
Il nucleo documentario dell’Archivio Storico Provinciale di Gorizia è costituito dagli atti relativi al governo dell’antica Contea di Gorizia.
La documentazione prodotta dall’assemblea degli Stati Provinciali, l’istituto di rappresentanza per ceti a cui in età moderna era delegato il governo della Contea analogamente a quanto avveniva nelle altre Province austriache, è conservata nel fondo Atti degli Stati Provinciali suddiviso in due sezioni. La prima sezione comprende i documenti redatti dal passaggio della Contea agli Asburgo nell’anno 1500 fino alla riorganizzazione centralizzatrice promossa da Maria Teresa nel 1754, la seconda sezione include accanto ai documenti successivi al 1754 anche l’archivio della Contea di Gradisca durante il dominio degli Eggenberg (1647-1717).
La documentazione prodotta dalla Dieta e dalla Giunta della principesca Contea di Gorizia e Gradisca, organi dell’amministrazione provinciale autonoma sancita nella riorganizzazione delle Terre della corona asburgica del 1861, è raccolta nel fondo Archivio della Rappresentanza Provinciale; qui è presente anche la documentazione del primo dopoguerra fino alla temporanea soppressione della provincia goriziana decretata nel 1923 dal governo italiano.
Si collega ai fondi provinciali anche l’Archivio dell’i.r. Società Agraria di Gorizia (1765-1914), istituzione definita nei suoi statuti “dicastero tecnico della Provincia”.
Gli altri fondi presenti nell'Archivio Storico sono invece frutto delle acquisizioni fatte dai Musei goriziani in particolare fra gli ultimi decenni dell'Ottocento e i primi del Novecento.
Deriva dall’acquisto di archivi familiari il fondo Atti giurisdizionali e privati (secc. XII-XX), in cui sono confluiti in particolare gli archivi dei conti Strassoldo Graffenberg, Mels Colloredo, Coronini di Tolmino e dei principi Orsini-Rosenberg.
Provengono dagli archivi dei geometri e periti agrimensori goriziani i disegni di rilievo e i progetti conservati nel fondo Mappe censuarie (secc. XVII-XX), complementare a quello delle Carte geografiche e militari (secc. XVI-XX).
Rari documenti medievali e della prima età moderna, sia pubblici che privati, si trovano nel fondo Pergamene (secc. XII-XX) e nella collezione di documenti cormonesi Pergamene del «Fondo Fratelli Fonda Savio» (aa. 1326-1584).
L’Archivio Documenti di Storia Patria (secc. XVII-XIX) comprende materiale eterogeneo di carattere storico locale, raccolto a scopo espositivo e museale o frutto di donazioni (fra le più notevoli, quelle in memoria del glottologo Graziadio Isaia Ascoli, del naturalista Giovanni Bolle e di Sofronio Pocarini, esponente del futurismo giuliano). Ha analoga origine anche il fondo che raccoglie i Documenti di guerra 1915-1918.
Riflettono come poche altre fonti il gusto, la cultura e la vita sociale goriziana l'archivio del Teatro di Società di Gorizia (aa. 1780-1933) e il Fondo Musicale (secc. XVIII-XIX).
Giorni e orari di apertura:
- lunedì e mercoledì: dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 14.30 alle 17.30
- martedì, giovedì: dalle 9.30 alle 12.30 -
Fototeca
La Fototeca dei Musei Provinciali di Gorizia è nata e si è sviluppata parallelamente alle altre raccolte museali. Già a partire dalla fine dell’Ottocento era presente un certo numero di fotografie, conteggiate allora insieme alle stampe. Un importante contributo all’incremento della Fototeca si ha negli anni Venti del Novecento quando si forma una prima raccolta sistematica grazie soprattutto all’opera di sensibilizzazione di Giovanni Cossar, direttore del “Museo della redenzione”, affinché i privati donassero tutto ciò che avrebbe potuto essere utile per tracciare una storia del Goriziano.keyboard_arrow_right
I soggetti rappresentati sono prevalentemente personaggi, singoli o in gruppo, che hanno attinenza con le vicende locali, cui si aggiungono le vedute della città prima e dopo la prima guerra mondiale e le immagini relative al conflitto.
I personaggi più indietro nel tempo sono raffigurati in eleganti carte de visite, espressione di studi fotografici locali, ma anche viennesi praghesi e di altre città della Mitteleuropa. Non mancano fotografi italiani e istriani.
Nel primo dopoguerra sono state acquisite anche immagini che descrivono il territorio, mentre in tempi più recenti sono entrate quelle che raccontano la città e il suo circondario dopo la fine della seconda guerra mondiale con particolare attenzione allo sviluppo urbanistico e architettonico correlato anche alla documentazione dei lavori di competenza dell’amministrazione provinciale. Per quanto riguarda il primo conflitto mondiale a fronte di 1390 negativi si contano, tra stampe d’epoca e successive circa 19.000 positivi. Per gli altri temi, tra i quali ha notevole peso anche la documentazione delle opere di proprietà del museo e, più in generale del patrimonio artistico locale, si contano oltre 9.000 negativi e più di 15.000 positivi; questi ultimi comprendono le diapositive e le cartoline tra le quali spicca una notevole raccolta sul tema della propaganda durante il primo conflitto mondiale. Le cifre non comprendono invece il materiale fotografico dell’archivio Diaz che annovera oltre 4000 fotografie. -
Biblioteca
Giorni e orari di apertura:keyboard_arrow_right
lunedì e mercoledì: dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 14.30 alle 17.30
martedì, giovedì: dalle 9.00 alle 13.00
Per maggiori informazioni: 0481.546090; biblioteca.erpac@regione.fvg.it
Quando la Dieta Provinciale, il 17 aprile 1861, decretò la fondazione di un museo destinato “a raccogliere le storiche memorie e i prodotti della natura”, stabilì che in esso sarebbero state riposte anche “le gazzette sin qui pubblicate nella provincia, gli scritti e le opere che trattano della medesima e in genere tutte le opere degli autori indigeni”. La Biblioteca nacque così, come parte integrante del Museo, grazie ad una iniziativa di Ferdinando Gatti che ne fu in seguito il primo direttore.
Con Enrico Maionica, che resse la biblioteca per oltre vent’anni dal 1882 al 1903, la Biblioteca conobbe un notevole incremento. Vennero acquistate alcune importanti raccolte come quella della famiglia Strassoldo, quella di Tommaso Luciani, studioso albonese, importante figura del Risorgimento, inoltre si arricchì di opere relative alla numismatica e all’archeologia.
Durante la prima guerra mondiale, a seguito dell’occupazione italiana del 1916, grazie all’interessamento di Ugo Ojetti e di Emilio Mulitsch, la Biblioteca fu trasferita temporaneamente a Firenze. Da lì tornò a Gorizia nel 1919: poco dopo, nel 1920, con un’apposita convenzione, venne unita alla Biblioteca Governativa e alla Civica.
Come sottolineò Carlo Battisti, nominato direttore della Governativa, la Biblioteca Provinciale, presentava “non solo una buona raccoltina di opere sulla legislazione e sull’amministrazione austriaca, ma anche un’ottima raccolta di storia patria istriana friulana e veneta”, che ben si prestava a rappresentare Gorizia italiana.
Nel 1940, grazie all’interessamento di Carlo Luigi Bozzi, direttore dei Musei, riprese il suo ruolo di Biblioteca museale acquisendo le pubblicazioni provenienti dal Museo della Redenzione.
Nel 1983 e poi di nuovo nell’87 due alluvioni provocarono l’allagamento dei locali in cui si conservava la Biblioteca causando gravi danni: una parte delle raccolte andò perduta. Successivamente, dopo vari trasferimenti e operazioni di restauro delle opere più preziose, la Biblioteca venne definitivamente riaperta nei locali di Palazzo Alvarez, insieme all’Archivio Storico Provinciale.
Proprio perché nata come parte di un complesso che oggi definiremmo “multimediale”, le vicende della Biblioteca e delle sue collezioni sono intrecciate con quelle delle sezioni museali e ne seguono le rispettive tematiche; in particolare conserva alcuni importanti documenti bibliografici provenienti dall’Archivio Storico. La sua storia è ancora tutta da scrivere: per ora si può allora scoprire nei dettagli degli esemplari e negli antichi inventari sopravvissuti.
Nel 2006 la Biblioteca entra a far parte del Polo SBN dell’Università degli studi di Trieste, raggiungendo una notevole visibilità grazie all’inserimento dei dati nell’OPAC nazionale.
Nel 2009, grazie ad una convenzione tra la Provincia e l’Istituto per gli incontri culturali mitteleuropei, ICM di Gorizia, accoglie la Biblioteca dello storico austriaco Adam Wandruszka (oltre 5000 volumi e 100 periodici) di rilevante importanza per lo studio della storia e della cultura di tutta l’area centro europea.
Oggi conta più di 48.000 unità tra volumi e opuscoli e periodici, e intende porsi a servizio delle altre unità museali, mantenendo il tradizionale ruolo di supporto alla ricerca storico-artistica locale.
Servizi offerti:
- consultazione
- prestito
- prestito interbibliotecario
- fotocopie
Web:
- https://opac.units.it/SebinaOpac/Opac catalogo collettivo attraverso il portale del Polo SBN Friuli Venezia Giulia
- https://www.biblioest.it/SebinaOpac/.do#0 catalogo collettivo atrraverso il nuovo portale del POLO SBN FVG "BIBLIO EST" -
Museo della Grande Guerra
ORARI:keyboard_arrow_right
dal martedì alla domenica dalle 9.00 alle 19.00
Chiuso lunedì
Ogni prima domenica del mese ingresso gratuito
APERTURE STRAORDINARIE
Martedì 25 aprile dalle 9 alle 19
Lunedì 1° maggio dalle 9 alle 19 - INGRESSO CON BIGLIETTO RIDOTTO
Venerdì 2 giugno dalle 9 alle 19
DAL 1° APRILE 2022, PER ACCEDERE A MUSEI, PARCHI ARCHEOLOGICI, MOSTRE, ARCHIVI, BIBLIOTECHE E ALTRI LUOGHI DELLA CULTURA NON SARÀ PIÙ NECESSARIO IL GREEN PASS RAFFORZATO, NÉ QUELLO BASE. L'USO DELLA MASCHERINA E' CONSIGLIATO.
Per informazioni, prenotazioni e visite guidate:
@: didatticamusei.erpac@regione.fvg.it
Tel.: +39 348 1304726
Biglietti d'ingresso (biglietto unico per tutti i musei con sede in Borgo Castello):
Biglietto intero: 6 euro
Biglietto ridotto: 3 euro (ragazzi tra i 18 e i 25 anni; gruppi di almeno 10 persone; nuclei familiari con minorenni; soci Coop; soci Cec; soci FAI).
Biglietto gratuito: insegnanti con scolaresche; accompagnatori turistici o guide; giornalisti; soci Icom; disabili e accompagnatori.
Biglietto scolaresche senza visita guidata: 1 euro a persona (insegnanti accompagnatori ingresso gratuito)
Biglietto scolaresche con visita guidata: 3 euro a persona (insegnanti accompagnatori ingresso gratuito)
Il biglietto prevede l’ingresso per il Museo della Grande Guerra, il Museo della moda, la Collezione Archeologica ed eventuali mostre in corso nella stessa sede.
Per chi volesse visitare anche Palazzo Attems Petzenstein, sede della Pinacoteca, ed eventuali sue mostre, è possibile acquistare un unico biglietto cumulativo: intero 7 euro, ridotto 4 euro.
Accessibilità:
Parziale, sono presenti barriere architettoniche.
Il Museo della Grande Guerra di Gorizia si sviluppa nel piano seminterrato di due antiche dimore del Borgo Castello ed è articolato in nove sale, dove fotografie, oggetti e interventi multimediali rievocano l’esperienza della guerra e i suoi riflessi umani e sociali. L’allestimento tende soprattutto a far conoscere la quotidianità del vivere durante la guerra; quella del soldato, indipendentemente dalla divisa che indossa, è segnata da sanguinose battaglie, ma anche da lunghi periodi di attesa in trincea qui efficacemente resa in particolar modo dalla riproduzione, a grandezza naturale, di una trincea che i visitatori possono attraversare accompagnati da un sonoro che riproduce l’assordante rumore della guerra con spari, esplosioni e grida.
L’esperienza dei civili, segnata da altrettanta sofferenza, ha invece il suo fulcro narrativo nella sala dedicata alla città di Gorizia. Qui è descritta la vita quotidiana di una città “in prima linea”, con gli abitanti costretti a rifugiarsi nelle cantine soffrendo per le privazioni, per la paura dei bombardamenti che hanno martellato la città per trenta mesi e sperimentando un clima di sospetto e di tradimento in seguito all’alternarsi degli eserciti nel controllo della città.
La narrazione degli eventi è concentrata soprattutto sul fronte dell’Isonzo senza perdere di vista però le coordinate generali che permettono di comprendere appieno la portata dell’evento. Altri temi, correlati al concetto di guerra totale, vengono ad aggiungersi nel percorso; vi sono poi quelli più strettamente militari, come l’innovazione tecnologica negli armamenti e, nella sala dedicata al 1917, un approfondimento sui prigionieri di guerra.
Circa dieci milioni di soldati perirono sui vari fronti della grande guerra. A loro e alla memoria dei caduti di tutti i conflitti è dedicato il primo pensiero all’interno del Museo con un diorama che raffigura il campo di battaglia: un monito ed un invito ad ogni visitatore a considerare con rispetto materiali, oggetti e documenti esposti, per la maggior parte raccolti sul campo o provenienti da donazioni di eredi dei soldati che combatterono sul fronte dell’Isonzo.
L’approccio didattico ed insieme il coinvolgimento emotivo sono la chiave di interpretazione del percorso museale, visto come strumento di divulgazione della storia e delle principali problematiche sociali concernenti il primo conflitto mondiale. In questo contesto, accanto alla tradizionale “memoria” della guerra, esplicitata attraverso il recupero dei reperti maggiormente significativi dei precedenti allestimenti, è presente un impianto divulgativo volto a fornire alcune generali, indispensabili informazioni.
Uno spazio espositivo poi è dedicato ai vecchi allestimenti, in particolare a quelli del 1924 e del 1938 con un richiamo anche alla funzione e al ruolo che hanno avuto le donazioni nella nascita e nello sviluppo del museo goriziano.